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Dolo a Palermo – Estate 2019

“Se nasci all’Inferno hai bisogno di vedere almeno un frammento di ciò che Inferno non è”

L’esperienza dei giovani del Vicariato di Dolo in Sicilia.

Sulla scia della proposta fatta dall’Ufficio di Pastorale dei Giovani, il Settore Giovani di Azione Cattolica del Vicariato di Dolo ha proposto un gemellaggio con i giovani dell’Arcidiocesi di Monreale in Sicilia. Il progetto, curato dal vicario parrocchiale e dalla Presidenza diocesana di Monreale, ha preso vita tra il 5 e l’11 agosto u.s.. Un’esperienza indimenticabile!

Durante la permanenza in Sicilia sono state approfondite alcune tra le figure più significative del palermitano in campo ecclesiale e civile. Primo fra tutti il Beato Pino Puglisi che attraverso la sua vita si è fatto veicolo per trasmettere la “buona novella” partendo dai più piccoli. Sosteneva infatti che sarebbe stata la via maestra da percorrere per operare il cambiamento della società. Oggi, l’oratorio nel quale il sacerdote accoglieva i ragazzi è diventato il Centro “Padre Nostro”, dove si perseguono ancora gli ideali a cui padre Pino era davvero affezionato: “L’apertura di questo Centro, per noi, è anche segno di un’esplicita fiducia nella solidarietà degli uomini che esprime, potremmo dire, la Provvidenza di Dio”.

Il mondo dei giovani, oggi, caratterizzato in parte da un sistema dove il proprio “ego” prende il sopravvento, ha cozzato inevitabilmente con la testimonianza di vita della Beata Pina Suriano. Una giovane di Azione Cattolica di Partinico che ha trascorso la sua vita nel nascondimento, ma sempre in prima linea davanti al Signore. Un esempio luminoso di santità della porta accanto, che ciascun giovane può coltivare. Il voler donare tutta la sua esistenza a Dio l’ha portata a non pochi scontri con la sua famiglia, che invece l’avrebbe voluta in sposa ad un giovane del paese. Il desiderio di ricevere Gesù Eucaristia tutti i giorni, la dedizione in parrocchia attraverso alcuni servizi come quello nella catechesi ai più piccoli e, poi, negli ultimi tempi la malattia, l’hanno portata a coniare una frase che è rimasta celebre della sua figura: “Voglio amarti soffrendo, voglio soffrire cantando”.

Il viaggio in terra di Sicilia è proseguito con le figure dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due autentici servitori dello Stato. Inutile continuare con le loro biografie, quel che preme raccontare sono gli occhi commossi di chi ne ha coltivato il ricordo e di chi l’ha raccolto. Il rumore della vita che oggi continua nei luoghi degli scempi compiuti, lascia spazio ad un silenzio interiore profondissimo, assordante. La vita di questi uomini rappresenta un “testimone” pesante da portare, impossibile da tramandare per un osservatore superficiale. Superficiale, perché la loro vita sacrificata potrebbe essere ulteriormente oltraggiata da alcuni semplici gesti si illegalità che compiamo nella quotidianità.

La battaglia per la legalità deve partire da noi tutti i giorni. Questa lezione, Peppino Impastato l’ha messa in pratica ben prima. Si è confermato nel corso della sua breve esistenza, un “risvegliatore di coscienze”, nato in una famiglia di malavitosi, da sempre si è battuto nella denuncia del fenomeno mafioso attraverso ciò che gli riusciva meglio, ovvero il giornalismo ed in particolare attraverso la radio. “Radio Aut” è stata megafono delle idee di Peppino e questo, lui lo sapeva, gli sarebbe costato caro. Un prezzo che, ha deciso però, consapevolmente, di pagare anche a costo di mettersi pubblicamente contro la sua famiglia. In seguito all’assassinio di suo padre e poi il suo, madre e fratello, hanno percorso le sue stesse tracce denunciando il fenomeno mafioso, portandone testimonianza per tutte le scuole d’Italia.

La visita al “Giardino della Memoria” in onore al piccolo Giuseppe Di Matteo ed a tutti gli infanti vittime del crimine organizzato nel mondo, è stata un’altra significativa testimonianza alla quale hanno potuto accostarsi i giovani. Il caso Di Matteo, come hanno raccontato alcuni volontari di “Libera”, è purtroppo la smentita della leggenda che la mafia non avrebbe mai toccato donne e bambini. Una smentita clamorosa, dettata da 25 mesi di prigionia del piccolo Giuseppe, vittima dell’essere nato figlio di un mafioso diventato nel tempo collaboratore di giustizia. Il volto peggiore del fenomeno malavitoso, caratterizzato dalla messa a punto di un sistema diabolico volto ad annientare completamente un piccolo preadolescente, cancellandolo letteralmente dalla storia.

I giovani dell’Azione Cattolica hanno potuto sperimentare la presenza di figure adulte significative nella legalità, le quali, di fronte alle contraddizioni di una terra tanto meravigliosa, quanto martoriata, hanno deciso di “metterci la faccia” come i volontari del “C.I.D.M.A. – Centro Internazionale di Documentazione sulla Mafia e del Movimento Antimafia” di Corleone, il vicesindaco Angelo Cinà di Terrasini (aderente all’AC), che ha raccontato della sua passione per la “cosa pubblica” e i volontari del “Centro Studi Paolo e Rita Borsellino”, sorto in un contesto confiscato alla mafia.

In un’altra chiave, quella della santità, gli stessi hanno fatto poi esperienza dell’impegno che le figure ecclesiastiche del territorio coltivano giorno per giorno per avvicinarsi a degli esempi autentici di esistenza spesa sotto il segno dei predecessori. Come le sorelle Francescane del Vangelo a Corleone, le sorelle del santuario della Beata Maria di Gesù Santocanale a Cinisi, il rettore del Seminario di Monreale, don Giuseppe Ruggirello e l’arcivescovo della stessa diocesi, Mons. Michele Pennisi.

L’esperienza, resa possibile grazie ai tanti amici siciliani che hanno saputo offrire la loro migliore accoglienza e disponibilità nell’accompagnare i giovani del Vicariato di Dolo durante la settimana, si è rivelata un percorso tra santità e legalità. Un percorso che ha visto i padovani venire a conoscenza di personalità forti che non si sono lasciate intimorire dal contesto in cui si sono trovate a vivere, ma che al contrario hanno capito che “se nasci all’Inferno hai bisogno di vedere almeno un frammento di ciò che Inferno non è”.

Leonardo Milan e Giacomo Passuello

Vicariato di Dolo – Diocesi di Padova